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30 set 2018

Perchè mi capitano tutti Narcisisti


Fonte: https://narcissisticbehavior.net/why-did-my-narcissist-choose-me/
Autrice:Christine Louis de Canonville
Psicoterapeuta con oltre 25 anni esperienza clinica in disturbi mentali e Disturbo Post Traumatico da Stress nelle vittime di narcisismo patologico. Opere: The 3 Faces of Evil – Unmasking The Full Spectrum of Narcissistic Abuse (Ed. Black Card Books) e When shame begets shame: how narcissists hurt and shame their victims, disponibile su https://gumroad.com/l/OocSF


E’ altamente improbabile che un narcisista vi abbia scelto a caso, al contrario, è probabile che vi abbia scelto con grandissima cura e attenzione per una ragione specifica. Potete essere stati scelte perché era attratto dal vostro aspetto, intelletto, delle vostre conoscenze (giri che frequentavate), status, ricchezza, popolarità, ecc.
A prescindere di cosa abbia attirato un narcisista, la maggior parte delle vittime tende ad avere un tratto in comune: la loro natura empatica e premurosa.
È importante ricordare alle vittime che non sono scelte casualmente e che un narcisista sa esattamente il tipo di persona che vuole intrappolare.
I NARCISISTI SONO ATTRATTI DAGLI “EMPATICI” COME UNA FALENA DALLA LUCE
Un empatico è un individuo molto intuitivo, che si allinea automaticamente e inconsciamente agli stati d’animo, ai desideri, ai pensieri e alle volontà delle persone che lo circondano e poi, rapidamente, assume come sue le loro emozioni. Gli empatici possono essere divisi in due gruppi:
a) i “solitari”, che tendono a scegliere di separarsi dagli altri, bloccando il dolore che percepiscono dal loro ambiente esterno (cioè emozioni dolorose e energia fisica negativa, stanchezza cronica, ecc.):
b) i “pacificatori”, tendenzialmente umili, tranquilli e che non hanno bisogno o voglia di essere al centro dell’attenzione. Sono persone che cercano il lato buono negli altri e ne accettano le mancanze in modo compassionevole.
Apprezzano l’armonia, quindi, per motivi di pace tendono a lasciare il posto a coloro che sono più aggressivi e conflittuali. Hanno un’avanzata empatia, di modo che sono pronti ad avvertire i sottili cambiamenti di umore negli altri e a reagire rapidamente a tali sentimenti con un cuore aperto.
Sono pronti a riconoscere le necessità degli altri, ma stentano a riconoscere i propri bisogni.
Le cose devono davvero precipitare prima che esplodano e, quando ciò accade, si sentono in colpa e provano vergogna per aver perso il controllo.
Odiano l’ingiustizia e la crudeltà, e spesso lotteranno per i diritti degli altri anche se, sfortunatamente, sono lenti a combattere per i propri. Pertanto, ecco perché un narcisista è attratto da un empatico come una falena verso la luce.
Sanno che l’empatico estenderà la comprensione compassionevole al loro comportamento ridicolo molto più a lungo di chiunque altro.
Quando l’empatico inizia a capire cosa sta succedendo nella relazione, è troppo tardi. Molto probabilmente sarà stato completamente risucchiato dal/la narcisista, e il danno devastante sarà già stato fatto.
I narcisisti desiderano sempre un’attenzione e un amore eccessivi dalle loro vittime, e gli empatici sono disposti a dare quell’amore, non solo con grazia, ma incondizionatamente. Gli empatici non sono esigenti, non hanno bisogno di essere sotto i riflettori, sono umili e felici di permettere al narcisista di avere tutta l’attenzione. Sono onesti e aperti e non immaginerebbero mai che qualcuno possa deliberatamente manipolare per ottenere un personale tornaconto.
Sono molto leali, devoti e altruisti nelle loro relazioni. Inoltre,combatteranno con le unghie e con i denti per far risorgere una relazione morente, E IL NARCISISTA SA CHE È COSÌ.
Sono i “salvatori e i guaritori” della relazione, mentre il narcisista ostenta il piacere sadico di manipolare ogni rapporto per raggiungere i propri fini. Da grande attori sanno come aggirare le vittime e mungere tutta la gentilezza umana di cui un empatico è capace.
Un narcisista è capace di convincervi di essere la vostra anima gemella. Ciò è particolarmente vero durante la fase di idealizzazione, quando rispecchiano i vostri valori e credenze.
L’intenzione è di farvi pensare che avete incontrato una persona esattamente come voi, qualcuno che pensa come voi, qualcuno sensibile come voi, qualcuno a cui non dovete spiegare nulla. Sfortunatamente, niente di tutto ciò è vero. È solo fumo e gioco di specchi, una grande bufala, un’elaborata illusione che vi porta all’innamoramento, con tanto di linea, gancio e esca.
La cosa triste è che siete stati sedotti, manipolati e portati ad innamorarsi di qualcuno che non è mai esistito e le ferite di questa esperienza arrivano molto in profondità. Non appena il narcisista sceglie la loro vittima, si forma un’alleanza in cui entrambi entrano in una danza simbiotica di co-dipendenza. In questa partnership uno dei partner (la vittima) è il consumato “donatore”, mentre l’altro partner (il narcisista) è l’avido “acquirente”.
Il narcisista assume il ruolo di burattinaio, mentre la vittima assume il ruolo di burattino. Per tutto il tempo le corde della vittima saranno tirate in modo tale che il narcisista diventerà il centro del suo mondo. Senza nemmeno immaginarlo, la vittima è stata cementata nel ruolo che il narcisista ha creato per lei, quello di “nutrimento narcisistico”. Il suo unico scopo sarà quello di servire il narcisista e di rimanere sotto il suo controllo patologico.
Durante la fase di idealizzazione, la vittima subirà un bombardamento amoroso e poco a poco si isolerà da tutto e da tutti (cioè familiari, amici, colleghi di lavoro, hobby, ecc.).
Una volta stabilito questo, il narcisista inizierà la fase di svalutazione con la conseguente terrificante guerra psicologica progettata per distruggere l’anima della vittima, risucchiare da lei ogni segno di vitalità e subito dopo scartarla.

Trad. C. Lemis Dias
fonte italiana
https://artedisalvarsi.wordpress.com/


25 mar 2017

Psicoterapia Cognitivo Interpersonale

Art. da Art. estratto da
Idee In Psicoterapia
Vol.1 N.1, Alpes Ed., 2008

La Psicoterapia Cognitivo Interpersonale rappresenta un approccio integrato, laddove al cognitivismo costruttivista sistemico-processuale si associa, in particolare per quanto riguarda l’esigenza clinica di trattare i pazienti con problemi relazionali, l’apporto di Lorna Smith Benjamin, relativamente alle modalità di formulazione del caso ed, altresì, relativamente ad aspetti dell’intervento terapeutico, cosiddetto “ricostruttivo”.
A livello teorico, l’approccio si colloca entro la prospettiva epistemologica postrazionalista, approfondendone gli aspetti relativi alla dimensione – che potremmo dire “ermeneutica” – del rapporto con l’Altro nella costruzione del significato. Proprio per questa ragione, per il valore dato alla relazione e al ruolo che essa ricopre per la formazione della personalità, oltre che per l’integrazione con la teoria di Benjamin, l’approccio esubera i limiti di una valutazione esclusivamente relativa alla coerenza interna e alla complessità della mente intesa come sistema di significati, per concentrarsi, maggiormente, sulla linea di confine tra Sé e l’Altro che costituisce, nella proposta Cognitivo Interpersonale, il luogo stesso di costituzione della vita psichica. A livello clinico, la capacità di regolare la relazione terapeutica al fine di comprendere la persona e favorirne il cambiamento è il requisito di base richiesto al terapeuta che intende seguire tale approccio.
Consideriamo, infatti, le modalità di regolazione della relazione in termini di costruzione e funzionamento della personalità, avvalendoci delle conoscenze acquisite in campo cognitivista sul rapporto che intercorre fra storia di sviluppo, stili di attaccamento, funzionamento psichico normale e patologico. La convinzione sulla natura interpersonale della mente umana, rappresenta, dunque, un’indicazione fondamentale per la comprensione della persona nonché per la strutturazione del processo psicoterapeutico, oltre a una ragione per cui, a livello teorico, ci si interessa di quel punto di contatto fra neuroscienze e psicologia che è la coscienza, istanza psichica processuale che si evolve nella relazione e rende l’essere umano diverso da ogni specie animale.

Le origini del modello Cognitivo Interpersonale
Il nostro modello si colloca nel solco del percorso che la Scienza Cognitiva, approccio multidisciplinare allo studio della mente, sta tracciando nel suo incedere.
Partendo dal Cognitivismo, inteso quale movimento scientifico e filosofico, ove si ritengono centrali, nello studio della mente umana, i processi cognitivi, ovvero i processi attraverso i quali le informazioni sensoriali e motorie vengono elaborate, divenendo strutture di significato, cioè pensieri, sentimenti, emozioni, scopi, valori e altri elementi del nostro mondo mentale (Neisser, 1967, 1976), il
 modello Cognitivo Interpersonale adotta una visione della mente che sottolinea gli aspetti soggettivi che intervengono nella costruzione dei significati (cfr. Kelly, Guidano). In senso Cognitivo Interpersonale, misura di sanità mentale non sono l’aderenza e l’adattamento soddisfacente alla realtà tramite la razionalità del pensare, ma la coerenza, l’unicità e la continuità del proprio essere nel mondo e dei propri significati, da cui derivano equilibrio e serenità: la metafora dell’uomo come scienziato consente di immaginare nel costrutto l’elemento attivamente predisposto per produrre previsioni e valutare l’andamento della propria esperienzain relazione agli altri. Questa metafora di tipo popperiano, portata nella psicologia da Michael Mahoney (1980), può essere utile anche per descrivere i cambiamenti che occorrono nei “costrutti” su di sé e sul mondo durante la psicoterapia, luogo in cui il cambiamento si esprime, in stretta analogia a quanto accade per le rivoluzioni scientifiche secondo Kuhn.

Un approccio post-razionalista
In un ottica costruttivista, come presentata da Gidano e Liotti (1983) la conoscenza viene considerata, in primo luogo, come il frutto dell’evoluzione biologica, da studiare secondo una prospettiva evoluzionista. In secondo luogo essa viene compresa come il prodotto di un processo dinamico, basato su modelli gerarchizzati, risultanti dall’azione delle strutture conoscitive che plasmano l’esperienza della realtà. Infine, il suo principio regolatore è individuato nella ricerca costante di coerenza, tale che, nel momento in cui l’aumento dell’informazione costruisce discrepanze nei vari modelli del reale, nuove strutture di gerarchizzazione dei modelli vengono costruite. La componente inconscia della conoscenza, emotiva e sensomotoria, regola, poi, la vita affettiva e immaginativa, fornendo le basi per il senso di unicità e continuità, mentre la componente consapevole permette l’esperienza e il senso dell’identità personale. La concettualizzazione del “sé” emerge come entità dinamica nel processo di ordinamento delle strutture di significato; la sofferenza soggettiva può allora essere riconducibile a esperienze emotivo-immaginative generate da processi inconsci di conoscenza non integrabili nella conoscenza consapevole del sé. Un sistema non integrato può adottare procedure patogene di riduzione della sua complessità, al fine proprio di gestire la mancata integrazione, peggiorando, tuttavia, la sua situazione e dando luogo al comportamento patologico. Le scene escluse dall’elaborazione potrebbero dunque essere, di conseguenza, proprio quelle più idonee ad apportare una modificazione funzionale nei modelli interni. La psicoterapia ne favorisce il recupero, all’interno di un’esperienza che può “riavviare” un aumento della complessità e della flessibilità del sistema di significati (Bowbly, 1988), garanzia di maggiore sanità e benessere.
Si tratta di un cambiamento importante rispetto alla teoria standard, che comporta il ricorso a una diversa epistemologia, ispirata alle teorie di
 Humberto Maturana e Francisco Varela (1980), laddove vengono esplorate le analogie fra le capacità di auto-organizzazione di un sistema vivente e della conoscenza umana (Guidano, 1987), arrivando a un approccio cosiddetto “post-razionalista” (Guidano, 1991).
Secondo la prospettiva post-razionalista, la tecnica psicoterapeutica non può che derivare dalla riflessione epistemologica e, a riguardo, Guidano assume che ognuno viva in una realtà personale squisitamente soggettiva, ordinata in modo univoco e necessario dalle proprie strutture di significato in un processo rigidamente autoreferenziale: perdendosi il riferimento ad una realtà esterna conoscibile e interpretabile secondo categorie oggettive, il buon funzionamento della mente umana rimane conseguenza delle strategie e delle modalità strutturali e organizzative del sistema che dipendono a loro volta dalla necessità di garantire una coerenza interna, un equilibrio omeostatico, dei processi di autoregolazione del sistema stesso. Responsabile di tale coerenza è il “Me”, struttura psichica distinta dall’”Io”, che ha il compito di modulare l’esperienza immediata di sé, mentre il Me gestisce le perturbazioni del sistema provocate dall’esperienza immediata e mantiene stabili le strutture di significato che permettono la decodifica dell’esperienza. Gli elementi costitutivi della struttura mentale sono i significati personali che, strutturandosi in percorsi stabili e coerenti di attività cognitiva, emotiva e comportamentale, danno luogo ad “Organizzazioni di Significato Personale”, cioè modi soggettivi di vedere se stessi e il mondo e di interpretare l’esperienza. La storia relazionale e affettiva dell’individuo è lo spazio in cui si articolano e si accrescono tali Organizzazioni di Significato Personale; di conseguenza viene sottolineato il ruolo del comportamento di attaccamento (Bowlby, 1969; 1973; 1980) nella loro genesi.
La coerenza della struttura di significato è conseguente alla sua articolazione e integrazione interna e ciò che differenzia la normalità dalla psicopatologia è, allora, la maniera con cui questa coerenza si declina nelle diverse condizioni di salute mentale: in modo articolato e integrato nei soggetti normali, in modo poco articolato, ma ancora integrato, nei disturbi della cosiddetta area nevrotica, e in modo scarsamente articolato e integrato o, raramente, eccessivamente integrato, nelle condizioni psicotiche.

Processi interpersonali e strutture intrapsichiche
La Teoria Cognitivo Interpersonale prevede che le esperienze relazionali dei primi anni di vita costituiscano la base su cui poggiano non solo importanti relazioni che si svilupperanno in seguito, ma anche i vissuti soggettivi secondo i quali l’individuo da senso al proprio modo di essere. In quest’ottica, il pensiero di Lorna Benjamin, per cui gli schemi di funzionamento dell’individuo hanno una forte connotazione interpersonale, ben si accorda con il pensiero di Bowlby e, soprattutto, con una concezione radicalmente costruttivista del cognitivismo. La Benjamin ci offre un modello teorico e clinico cui guardare in special modo nella terapia del paziente grave, laddove ella giunge ad affermare la possibilità di mettere in relazione diretta i processi relazionali interpersonali alle strutture intrapsichiche.
La psicopatologia (ed in particolare la psicopatologia della personalità) sarebbe il risultato di esperienze ripetute in contesti relazionali frustranti e spiacevoli in cui non sarebbe permessa l’integrazione del controllo e della libertà, dei confini e dell’autonomia.
Al contrario, esperienze positive e accoglienti, in condizioni di stabilità e previdibilità consentirebbero alla persona di svilupparsi in modo sano, costruendo una personalità adattata e sicura all’interno di una realtà controllabile e gestibile.
Queste esperienze positive interiorizzate rappresentano le
 IPIR (Important Persons and their Internalized Representations, Persone Importanti e le loro Rappresentazioni Interiorizzate), laddove Bowlby indicava i Modelli Operativi Interni (MOI). Analogamente, Horowitz (1991), afferma l’esistenza di schemipersona capaci di riassumere le esperienze interpersonali del passato e configurarsi come strutture di significato, organizzate gerarchicamente a partire da moduli di conoscenza di sé e dell’altro, fino ad arrivare a schemi di relazione (Modelli di Relazione di Ruolo – RRM – Role Relationship Models). Si tratta, anche in questo caso, come per le IPIR, di schemi o modelli che attengono all’intrapsichico, ma che trovano nella relazione interpersonale il loro campo di operatività osservabile.
Nel contesto dei disturbi di personalità e dei problemi relazionali e affettivi, principali campi di studio della Benjamin, la persona assume un comportamento interpersonale disfunzionale non perché vuole interagire con le persone che ha di fronte in un dato momento e non sa come farlo, ma perché mette in atto uno o più “processi di copia”, cioè comportamenti che avevano avuto luogo all’interno di una relazione di attaccamento problematica interiorizzata dall’individuo, al fine di riavvicinarsi alla figura di attaccamento e di ottenere da questa un amore incontaminato.
Di conseguenza, la terapia mira a rendere il soggetto consapevole del fatto che è guidato da tali processi e a liberarsene apprendendo nuovi modi, più funzionali, di relazionarsi a sé e agli altri.

La Teoria dell’Attaccamento e i Sistemi Motivazionali Interpersonali
L’integrazione del modello cognitivo con quello interpersonale avviene alla luce della teoria dell’attaccamento intesa quale “meta modello”, che consente di fondare una visione dell’individuo, in condizioni di benessere o in uno stato di sofferenza, che conferisce un peso similare sia alle modalità emotive e cognitive attraverso cui seleziona informazioni dall’ambiente, inserendole entro le strutture di significato personale che attivamente costruisce, sia ai processi relazionali che hanno luogo durante l’intera storia di sviluppo, entro le quali gli stessi processi emotivi e cognitivi si sono andati formando. Lo sviluppo dell’individuo può esser letto, infatti, come un’istanza processuale, come un percorso fatto di stati di equilibrio successivi in ordine di complessità, che ha origine nelle esperienze relazionali che hanno luogo sin dal momento della nascita. I modelli operativi stabili e coerenti tendono a stabilizzare uno stato mentale e gli eventi esterni e i processi di controllo interni possono produrre un cambiamento, una perturbazione degli schemi. I processi della percezione, della pianificazione e della formazione nonché dei cambiamenti degli schemi permanenti per adattarsi a modelli operativi ricorrenti, sono processi inconsci. Il gap tra i modelli operativi attivati nelle situazioni e gli schemi permanenti, può produrre stati d’animo e comportamenti disturbati. La persona che consapevolmente prova quello stato d’animo può non capire a livello cosciente come e perchè questo si è presentato (Horowitz, 1991). Scopo di molte psicoterapie è proprio il riconoscimento consapevole delle funzioni degli schemi-persona di solito inconsce. Gli schemi-persona, le IPIR, i MOI, così come le organizzazioni di significato personale, definiscono una “stabilità instabile” che attiva il circolo permanente di interazione reciproca tra le esperienze immediate e i significati su di esse costruiti. La teoria dell’attaccamento, intesa in senso lato come una teoria della natura interpersonale dell’esistenza umana, si può porre, dunque, come base concettuale comune sia del modello Cognitivo che di quello Interpersonale.

La valutazione del funzionamento del sistema mentale dell’individuo
La valutazione dello stato del funzionamento mentale di un paziente avviene indagando una serie di aspetti. In primo luogo, le rappresentazioni che il soggetto ha di se stesso, degli altri e del mondo, gli schemi di significato che li hanno generati e che orientano i processi cognitivi e gli stati mentali che nel panorama mentale costituiscono la maggior fonte di sofferenza. Vengono indagate, poi, le funzioni della coscienza e il loro stato di funzionamento, con le annesse capacità del soggetto di analisi e comprensione dei suoi stessi contenuti mentali e di intervento su di essi. Si prendono quindi in esame le relazioni interpersonali del soggetto, prestando particolare attenzione ai cicli interpersonali prevalenti e ai “test” con cui il paziente sollecita e mette alla prova la relazione col terapeuta [Perris C. (1994, 1996); Semerari A. (1999); Safran J. D. - Segal Z. (1993); Weiss J. - Sampson H. (1986); Weiss J. (1993)]. Sia nella fase di assestment che nella psicoterapia, viene utilizzato,caratteristicamente, nel contesto Cognitivo Interpesonale, lo strumento concettualizzato da Lorna Benjamin, ovvero l’Analisi Strutturale del Comportamento Interpersonale (Benjamin, 1974), che beneficia di oltre 25 anni di studi di validazione, è completamente ateoretico, ed è pensato per aiutare il clinico nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi di personalità.
La valutazione clinica considera, in particolare, la storia di attaccamento, laddove si considera che traumi, anomalie e sofferenze di varia natura possono essere responsabili di danni alla funzionalità della coscienza, alla strutturazione del Sé e alla capacità di stare in relazione. Relazioni precoci di attaccamento con caratteristiche patologiche possono comportare, inoltre, deficit nella capacità di monitorare i propri processi mentali, e quindi nella consapevolezza dei propri pensieri, delle proprie emozioni, dei propri scopi e bisogni, con conseguenti stati di vuoto.
Vengono indagate la Teoria della Mente del soggetto, ovvero la sua capacità di comprensione dello stato emotivo altrui e di rappresentazione del proprio mondo interiore, nonché le capacità associative, eventuali difficoltà di integrazione sincroniche, con possibili fenomeni dissociativi e stati di incertezza e confusione, e diacroniche, con possibili fenomeni di sfrangiamento, frammentazione e perdita della trama narrativa degli eventi vissuti e della propria storia. Compromissioni importanti sono tipiche dei disturbi mentali gravi (psicosi e disturbi di personalità), laddove nella pratica clinica è facile osservare come il paziente non riesca a sintonizzarsi con gli altri e come queste disarmonie relazionali siano correlate a specifici deficit dei processi metacognitivi (Perris, 1989; 1994; Semerari, 1999).

L’intervento psicoterapeutico Cognitivo Interpersonale
Lo svolgimento dell’iter di psicoterapia, così come viene intesa dal modello Cognitivo Interpersonale, prevede, anzitutto, la costruzione di un clima collaborativo col paziente, laddove egli è visto come il principale esperto di se stesso e dei suoi disturbi, mentre il terapeuta è il principale esperto delle strategie e delle tecniche per risolverli.
Seguendo i concetti di Guidano, il processo terapeutico è volto, anzitutto, verso una più evoluta articolazione e integrazione dei significati personali, verso una maggiore complessità del sistema. Due dimensioni psicologiche appaiono cruciali in tale prospettiva: la dipendenza/indipendenza dei processi di elaborazione dal campo fenomenico e la prospettiva interna/esterna dalla quale il soggetto esamina il suo funzionamento mentale. La terapia, perciò, è co-costruita dal terapeuta e dal paziente in ogni aspetto: questa costruzione non è valutabile, prevalentemente, in termini di verità, ma solo in quanto capace di recuperare un benessere emotivo o di far elaborare al paziente delle narrazioni della propria esperienza soggettiva più coerenti, articolate e ampie di quelle che egli è in grado di fare. In questo contesto relazionale avviene la scoperta guidata degli stati mentali problematici del paziente e dei meccanismi che li hanno generati e li mantengono, facendo attenzione a regolare sempre l’alleanza terapeutica e il buon funzionamento della coscienza in seduta, cercando di migliorarli ogni volta.
In particolare, considerando la dimensione della regolazione della relazione terapeutica, ci si sofferma su quegli schemi relazionali che impediscono di attribuire un significato soggettivamente corretto all’esperienza; si tiene conto che sia il paziente che il terapeuta interagiscono sulla base dei loro sistemi motivazionali.
Questo fa sì che la terapia sia una collaborazione: la relazione terapeutica è una relazione d’aiuto, che viene realizzata in un momento di vulnerabilità del paziente che ne attiva il sistema dell’attaccamento. Entro tale relazione, dunque, si manifesteranno le strutture cognitive della persona che sono correlate all’attacamento.
Il terapeuta deve riuscire a cogliere i momenti in cui il paziente lo rappresenta come una figura d’attaccamento, al fine di promuovere la realizzazione di esperienze emozionali correttive delle relazioni d’attaccamento abnormi e, in linea con le nuove acquisizioni provenienti da autori quali
 Weiss (1993) e Sampson (Weiss, Sampson, 1986), formarsi all’interazione relazionale sapendo prendere nella giusta considerazione la capacità di rispondere in modo adeguato ai “test di sicurezza” che il paziente gli muove. Tutto ciò, in particolare, nella terapia del paziente grave, laddove la costruzione di momenti di condivisione è tra gli obiettivi primari dell’intervento terapeutico. Solo in un secondo momento del percorso terapeutico, la relazione evolverà verso gradi di maggiore simmetria, in cui il sistema motivazionale interno attivato risulterà essere quello della cooperazione paritetica, fino a che la terapia sarà conclusa con il terapeuta nei panni di un “supervisore” di un paziente che sarà riuscito nel compito di indossare, finalmente, la veste di “terapeuta di se stesso”.

Fonti:

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